Era il Novembre del 2002 l’ultima volta che l’euro aveva segnato quota 1.00 nei confronti del dollaro, subito prima d’inaugurare un ciclo rialzista di lungo periodo che ha portato l’euro a quota 1.58 il 18 Aprile 2008.
Da all’ora l’euro difficilmente è sceso sotto il 1.10 nei confronti della moneta statunitense, segnando spesso picchi superiori al 1.20.
Sono molte le motivazioni
che incido sui movimenti dell’Euro Dollaro, molte delle quali al di fuori della
sfera puramente finanziaria.
L’euro dollaro, infatti, riflette la fiducia che i
consumatori hanno nei confronti dell’economia statunitense e di quella europea,
anticipando spesso quegli eventi che influenzeranno negativamente la finanza
delle due superpotenze economiche.
Da un punto di vista che guarda puramente all’analisi fondamentale, possiamo comunque ravvisare alcuni fattori per così dire “Maggiori” che hanno inciso negativamente in questo nuovo ciclo ribassista di lungo periodo.
Di sicuro abbiamo l’indebolimento che l’opinione degli investitori hanno dimostrato nei confronti dell’economia europea a favore di quella statunitense, complice maggiormente la guerra in Ucraina.
Benché il conflitto coinvolga più da vicino gli stati uniti, con un escalation che di giorno in giorno sembra sempre più vicina, le conseguenze della guerra fra Russia ed Ucraina verranno percepite maggiormente dall’economia europea.
Il motivo è evidente e va visto in termini di prossimità: la Russia oltre che storicamente è vicina all’Europa anche geograficamente, confinando con molti paesi dell’unione Europea ed alcune forze della Nato.
In primis, la Russia, è il maggiore fornitore di Gas dell’Europa e benché un inverno al freddo non faccia così paura al belpaese, a nazioni come la Polonia e la Germania provocherebbe conseguenze a dir poco apocalittiche, uno scenario che l’Europa non può permettere.
Non dimentichiamoci oltretutto che l’Ucraina, se pur non Europa Politica, è Europa fisica, facendo parte dei confini geografici europei e che l’Ucraina confina con alcune delle maggiori potenze Economiche Europee.
L’inasprirsi del conflitto, con il malcontento che cresce da ambo i lati viste le nuove forniture di armamenti che gli Stati Uniti e le forze dell’Nato forniscono all’Ucraina, non allenterà di certo le contro sanzioni che la Russia infliggerà all’Europa in termini energetici.
L’economia Europea dipende dal gas importato, non ha fonti energetiche tali da poter soddisfare il fabbisogno interno. Per dare alcuni numeri, solo in Italia, il gas importato dalla Russia, rappresenta il 40% del totale, e le altre potenze Europee di certo non sono da meno.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, non subiscono i fattori geopolitici che peseranno in Europa e nemmeno quelli economici in termini di forniture, essendo una potenza economica esportatrice.
Oltretutto, avere un oceano di distanza fra se e la più grande superpotenza nucleare al mondo, di sicuro aiuta la percezione che gli investitori hanno manifestato nei confronti dell’economia statunitense.
Segnale che l’Euro Dollaro ha riflesso negativamente con i ribassi degli ultimi mesi.
Non stupisce quindi l’imprudenza manifestata da Washinton nei confronti del conflitto, che più che delle tiepide sanzioni, ha sia dall’inizio mandato armamenti alle truppe Ucraine.
La ripercussione sulla Borsa europea e sul cambio euro dollaro sono una normale conseguenza, quindi, di uno scenario che danneggia maggiormente l’Europa, fisicamente ed economicamente.
Ma un dollaro troppo forte non è un problema unicamente per l’Europa, ma anche per i partner commerciali degli Stati Uniti, visto che il dollaro è la valuta con la quale viene comunemente scambiato il greggio. Un dollaro troppo forte indebolirebbe le esportazioni di petrolio in tutto il mondo, rischiando di rafforzare pericolosamente le concorrenze Saudita e Russa, che in questo momento d’instabilità potrebbero vedere un’opportunità da cogliere tempestivamente.
Ci sono poi delle motivazioni di ordine puramente finanziario che influiscono a sfavore dell’Euro nel cambio euro dollaro. Il ciclo ribassista, infatti, ha origine ben prima dello scoppio della guerra.
Per molti anni l’Euro è stata una moneta rifugio in quei momenti in cui l’economia mondiale vacillava, fungendo da valuta rifugio come il bene rifugio dell’oro. Una tendenza che sembra vacillare.
Ad incidere maggiormente su questo cambiamento abbiamo la reattività con la quale la banca centrale statunitense tende ad alzare i tassi d’interesse, per controbilanciare il fenomeno dell’inflazione.
Solo nel corso di quest’anno, infatti, sono stati alzati ben tre volte e gli economisti pensano che verranno alzati nuovamente nel futuro prossimo.
Segnale che viene
percepito come la volontà diretta da parte degli Stati Uniti di sostenere la
loro economia e la loro valuta, fatto che incide non poco sulla fiducia dei
consumatori.
Specialmente contro una BCE poco elastica e macchinosa, che deve
comunque tenere in considerazione l’impatto che un innalzamento dei tassi
d’interesse avrebbe sull’economia di stati che, in fondo, hanno un proprio
piano economico.
Benché ci si rivolga
spesso all’unione europea come ad un’unica entità, essa non è altro che l’unione
economica di stati differenti che per ragioni economiche si ritrovano sotto
un’unica bandiera.
Ognuno di questi stati, pur dovendo rispettare delle regole
ben precise, ha un grado di autonomia maggiore rispetto a quella dei singoli
stati che compongono gli stati uniti.
Quindi, la timidezza che la BCE ha da sempre mostrato nei confronti dei tassi d’interessa deve essere vista come una prudenza necessaria per garantire stabilità ad un pool differenti di nazioni.
Comunque, benché l’euro dollaro sia un cambio che difficilmente ha visto la parità, se non nei momenti successi alla sua nascita, la debolezza dell’Euro non viene vista dagli analisti come un fenomeno epocale, quanto una momentanea conseguenza di fattori politico economici.
Oltretutto, come abbiamo appena visto, un dollaro troppo forte danneggerebbe gravemente l’economia di una potenza economica come gli Stati Uniti, che fa delle esportazioni la parte più importante della propria economia.