Vale la pena investire in Bitcoin a lungo termine?

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Ormai è chiaro che i Bitcoin non possono essere considerate un investimento per chiunque. In seguito al più recente crollo e dopo la ripartenza lenta che ne è conseguita, c’è bisogno di tempo per fare in modo che la volatilità possa essere riassorbita. Quel che è certo è che il settore dei bitcoin, e delle criptomonete in generale, è in costante evoluzione, e non è certo la prima volta che ciò accade. La novità più recente era rappresentata dagli nft, vale a dire i token non fungibili: in sostanza oggetti da collezione e arte digitale registrati sulla catena di blocchi.

A gennaio del 2022 si era toccato il picco massimo, rispetto al quale il dato attuale parla di una perdita secca addirittura del 97 per cento. Se si presta fede ai numeri forniti da Dune Analytics, all’inizio del 2022 gli nft erano pari a 17 miliardi di dollari, mentre a settembre si era già scesi a 466 milioni di dollari.

Ma oggi come oggi vale la pena investire in Bitcoin a lungo termine? Scopriamolo nei prossimi paragrafi!

Il crollo delle monete virtuali

Mentre i token non fungibili iniziano a squagliarsi come neve al sole, non se la passa certo meglio il comparto delle valute digitali, per il quale si parla di una cifra attorno ai 2mila miliardi di dollari. Da considerare in particolare il veloce inasprimento che ha caratterizzato la politica monetaria, per effetto del quale i flussi di investimento che contraddistinguono gli asset speculativi diminuiscono in misura consistente.

Certo è che il comparto delle monete virtuali, tenendo conto anche della blockchain e delle tecnologie sottostanti, è caratterizzato da una notevole complessità.

Quello che da molti è stato considerato come un collasso è, secondo altri, frutto di una ridefinizione dei valori che anticipa quella che potrebbe essere una fase di crescita nuova. Insomma, i fondamentali non vengono toccati: i Bitcoin a lungo termine possono essere considerati una valida soluzione di investimento.

L’opinione di Checksig

A pensarla così è in particolare il ceo di Checksig, Ferdinando Ametrano. Cofondatore di questa realtà che custodisce i bitcoin per conto di persone benestanti e investitori istituzionali, Ametrano è laureato in fisica e in precedenza era un dirigente di Intesa Sanpaolo.

La sua start up è stata protagonista di un round seed iniziale da 1 milione e mezzo di euro a dicembre, da cui è scaturita una valutazione per 20 milioni di euro. Ora l’azienda ha previsto un ulteriore aumento di capitale con la prospettiva di guardare a private equity e venture capital per crescere sui mercati internazionali.

Una forma di investimento inedita

Resta da capire però a chi si rivolgano le monete digitali come asset class di investimento nuova. Se si presta attenzione all’andamento dei valori si può parlare di una tendenza di scenario. Per CoinMarketCap, in particolare, tra il 2017 e oggi la capitalizzazione di mercato è aumentata di più di 50 volte, a dispetto dello scivolone che è stato registrato nel corso degli ultimi mesi. Un ruolo da protagonisti spetta a Bitcoin ed Ethereum, che coprono il 57 per cento del market cap.

Nel nostro Paese, stando alle informazioni che sono state raccolte da Ametrano, è stato di circa 23 miliardi di euro il valore di mercato raggiunto. Checksig è una delle aziende che puntano molto sulla crescita di questo trend: in pratica, mettere a disposizione strumenti per coloro che hanno in mente di investire nelle monete virtuali.

Un problema da non sottovalutare è, invece, quello del vuoto normativo odierno. Il mercato è in crescita a dispetto dei tentativi di marginalizzazione compiuti dai regolatori, ma è evidente che il settore delle cripto ha bisogno di una regolamentazione maggiore.

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