Stagflazione, che cos'è e perché è un pericolo per l'economia

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La Stagflazione è un fenomeno economico, che contrariamente alla parola che lo descrive, non è poi così difficile da capire.

Il termine venne coniato dal politico inglese Iain Macleod per cercare di descrivere un fenomeno economico degli anni settanta, in cui nell’economia inglese erano simultaneamente presenti i caratteri dell’inflazione e della stagnazione.

Il politico inglese descrisse un fenomeno di lenta crescita, caratterizzato da prezzi sempre maggiori che nel 1975 portarono allo shock globale del prezzo del petrolio, con un aumento che sfiorò il 300% in un solo trimestre.

Le conseguenze sull’economia inglese furono devastanti, vista l’importanza che il greggio ricopriva nell’economia, portando ad un crescente tasso di disoccupazione che interessò maggiormente i lavoratori del settore primario e secondario, agricoltura, l’attività estrattiva e l’industria, per intenderci. Dove il petrolio, per ovvie ragioni, ricopre un ruolo essenziale per la produzione e la distribuzione.

Il crescente prezzo del greggio letteralmente paralizzò l’intera economia inglese, portando agli scioperi famosi del 72 repressi dal governo inglese, non senza poche polemiche da parte dell’opinione pubblica.

Stagflazione, una minaccia reale nel 2022

Per situazioni diverse da quelle viste dal governo inglese negli anni settanta, l’intera economia mondiale potrebbe subire un nuovo ciclo inflazionistico con il rischio di traghettare l’Europa verso un periodo di stagnazione economica e crescita inflazionistica dovuti all’impennata subita dal prezzo del greggio per via delle recenti situazioni geopolitiche che stanno interessando da vicino l’Europa e la Russia.

La guerra in Ucraina ha definitivamente rimescolate le carte in tavolo e benché potrebbero non esserci ne vincitori ne vinti, gli esiti sembrano essere scontati.

Da una parte abbiamo una nazione, l’Ucraina, che si ritroverà a sedersi al tavolo delle trattative con l’Europa alle spalle che potrebbe accettarla come membro dell’unione Europea, dopo un cessate il fuoco da entrambi i fronti e un patto di pace siglato dal Cremlino, non senza aver ceduto l’Area del Donbass.

Dall’altro, la Russia che pur annettendo una regione dall’importante peso geografico economico, fallisce nel suo tacito intento di ridurre le zone di confine con la Nato vista l’annessione lampo di Svezia e Finlandia, che rischiano di diventare nemici scomodi per il Cremlino.

Tralasciando la legittimità o meno di tali mosse dal punto di vista politico e umanitario, le conseguenze su un’economia ancora fortemente dipendente dalle risorse non rinnovabili del mercato russo, sono evidenti e possono essere descritti da un termine coniato nel 1965: stagflazione.

I primi segnali

Penso alla morte da una vita. Morto, potrò a ragione dire di aver avuto una premonizione.
- Valeriu Butulescu

Con questa dichiarazione ironica potremo affermare che spesso le previsioni possano tramutarsi in pure speculazioni di carattere allarmistico.
Ad ogni modo, i segnali che la nostra economia stia accusando il rincaro del petrolio sono evidenti e se a questo uniamo un conseguente rafforzamento del rublo e l’imposizione da parte di Putin ai paesi che comprano petrolio e gas dalla Russia, di doverlo acquistare usando la valuta Russa di certo non aiuta l’economia dei paesi importatori.

Mossa, questa, atta a controbilanciare la conseguente perdita di valore dalla valuta Russa immediatamente successiva allo scoppio della guerra.
Quando l’intera economia sembrava aver scommesso sull’Ucraina come possibile vincitore e la Russia come unica sconfitta, semplicemente perché l’Europa e l’America avevano chiuso 4 McDonalds e 3 Burger King, imponendo sanzioni inutili e controproducenti.

Le Sanzioni, un boomerang inflazionistico

La storia insegna che le sanzioni servono a ben poco come mezzo di carattere ammonitivo o correttivo, danneggiando unicamente chi non ha nessuna colpa e rafforzando la figura del leader di turno.

Esse infatti sono un mezzo notoriamente inefficace, che nel corso del tempo ha avuto unicamente due riscontri.

  1. Danneggiano a tal punto l’economia di un paese portando ad una nuova ondata di dissenso popolare nei confronti di chi le sanzioni le ha imposte, che verrà identificato come il nemico da combattere.

    Queste mosse spesso portano all’insorgenza di movimenti populisti che conquistano il consenso popolare a tal punto da prendere il potere politico in poco tempo
    . Basti pensare all’ascesa di Hitler, in seguito alle sanzioni che i paesi vincitori imposero alla Germania come indennizzo di guerra nella seconda guerra mondiale, che videro una Germania indebolita e un’inflazione dilagante.
  2. Hanno valore retroattivo, danneggiando l’economia dei paesi a cui vengono inflitte, quanto quelle dei paesi che le infliggono.

    Tali mosse, a livello storico, non hanno mai avuto in riscontro positivo, in quanto anche in questo caso.
    Danneggiano maggiormente la classe operaia, i piccoli imprenditori, chi in fin dei conti non decide nulla, specialmente sotto dittatura, rafforzando l’opinione che il leader riscuote internamente.  

Il popolo, in questo caso, comincia a trascurare i problemi infrastrutturali, economici e politici interni, ripercuotendo i problemi della nazione nella figura che la propaganda di regime identifica come il “nemico”.

Oltretutto l’Europa trascura un dettaglio fondamentale, la Russia riceve sanzioni dalla comunità internazionale da decenni e queste non hanno fatto altro radicare la considerazione negativa che la Russia ha nei confronti in primis dell’America, identificata come la vera potenza trainante della Nato e in secondo luogo dell’Europa, identificata come il partner succube e senza spina dorsale.

Ma esistono risposte ad un possibile prolungarsi della crisi, in caso di una mancata risoluzione diplomatica di breve termine che possano dare respiro alla nostra economia ed evitare una possibile recessione?

Le alternative alle risorse esauribili

Il rinnovabile è una risposta che non trova la giusta domanda da decenni: benché sia il futuro e parzialmente il presente, la nostra economia è ancora troppo dipendente dalle risorse non rinnovabili e non riuscirebbe a sostentare la produzione interna senza di esse, basti pensare al settore degli autotrasporti privati e pubblici, al settore secondario e primario che sono stati messi in ginocchio dai rincari dei mesi scorsi.

La conclusione è quindi una nuova recessione

Difficile a dirsi, di sicuro una mancata risoluzione diplomatica o l’impossibilità di sostituire quello che attualmente è il fornitore italiano di gas e petrolio maggiore, la Russia, potrebbe traghettarci verso un ciclo inflazionistico che influenzerebbe negativamente l’intera economia, dando vita ad una Teoria della ricaduta al contrario.

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